domenica 25 dicembre 2011

"BABBO NATALE ESISTE!". (Racconto pubblicato sul quotidiano "Il Trentino").

Per Marco non è facile essere un bambino, perché ha l’età e il corpo di un adulto. Ma lui vive la sua vita e non pensa che i suoi coetanei sono all’università o lavorano e sono sposati o fidanzati. Per Marco non è facile neanche capire perché nel suo quartiere ci siano dei ragazzi che lo prendono in giro senza che lui gli faccia niente. Ma la cosa più difficile per Marco è riuscire a non piangere quando due di quei ragazzi gli vogliono fare credere che Babbo Natale non esiste.
“Non esiste! Come fai a credere che un panzone vestito di rosso porti regali in tutto il mondo? Sei proprio tonto”, gli dice uno dei bulli del quartiere quando lo incontra fuori dal negozio dove è andato a comperare le gomme da masticare. Bullo è insieme a un altro ragazzo che abita vicino a Marco e dal quale la sua mamma vuole che stia alla larga perché dice che è un prepotente.
“Tonto? Solo tonto?”, dice Prepotente: “uno che a 25 anni crede a Babbo Natale è proprio scemo!”. Ecco, adesso questi due mi daranno fastidio fino a casa, pensa Marco. Proprio adesso che ho le mie gomme americane e…
Poi si blocca e guarda in su. I primi fiocchi di neve dell’inverno stanno scendendo e si posano sul suo viso. …proprio oggi che è la vigilia.
“Proprio stasera che viene Babbo Natale”, dice ad alta voce.
“Ma allora sei proprio scemo” dice il primo, mentre Prepotente gonfia il petto perché l’aveva detto per primo. Marco non li ascolta più e si avvia verso casa sperando che a quei due non venga in mente di seguirlo. Attraversa la piazzetta davanti alla sua casa e si avvicina al grande albero di Natale che è stato addobbato accanto alla chiesa. I fiocchi di neve iniziano a scendere sempre più grossi e si appoggiano ai rami dell’abete e sulle luci che si accendono e si spengono. Per Marco è uno degli spettacoli più belli che ci siano.
Adesso vado a casa e chiedo alla mamma se posso accendere anche le luci del nostro albero perché stanotte Babbo arriva e deve riuscire a vedere dove lasciare i doni.
“Eccolo qua il nostro credulone”. La voce di Prepotente lo toglie dai suoi pensieri. Si era dimenticato di quei due.
“L’hai scritta la lettera a Babbo Natale?” gli chiede Bullo.
Forse vuole davvero sapere cosa ho chiesto come regalo, pensa Marco. Ma sì, è così. La vigilia di Natale diventano tutti più buoni, anche i bulli e i prepotenti. E Il viso di Marco si illumina per questa idea. Sennò non prendono il regalo!
“Si, l’ho scritta” dice rivolgendosi a Bullo “e tu?”. Bullo guarda Prepotente e i due trattengono a stento una risata.
“Si, l’ho scritta anch’io” risponde il primo fingendo di volere fare quattro chiacchiere, “tu cosa hai chiesto?”.
A Marco non sembra vero di parlare normalmente con i due ragazzi che lo perseguitano fin da quando erano piccoli.
“Ce l’ho qui la lettera, volete vederla?”. I due si avvicinano fingendo interesse.
“Certo, ci mancherebbe altro” dice Prepotente con un tono canzonatorio di cui Marco non si accorge. Marco si slaccia il giaccone e dalla tasca interna toglie con grande attenzione un foglio a righe.
Bullo lo prende e con fare solenne inizia a leggere: “Caro Babbo Natale. Quest’ano o cercato di fare il bravo. Come primo dono puoi farmi capire un po piu meglio le cose? Così poi li altri non mi prendono in giro. E come secondo regalo vorrei la Cincuecento, non quella vera però ma il modellino. Ciao e grazie, tuo Marco”. Bullo e Prepotente scoppiano a ridere.
Marco non capisce: “perché ridete?” chiede.
Prepotente riprende fiato e gli risponde: “perché hai scritto una lettera a qualcuno che non esiste”. “E anche perché fai più errori di mio cugino che fa la prima elementare” aggiunge Bullo.
Marco ha capito che i due in realtà non erano interessati alla sua lettera ma volevano prendersi gioco di lui ancora una volta. Allora allunga la mano per riprendersi la lettera: ora ha veramente voglia di andarsene a casa.
Bullo si allontana di un passo e con uno sguardo di sfida strappa la lettera in quattro pezzi e dice: “Oh, scusa, mi sa che si è rotta. Ma forse è meglio così: se non esiste la persona alla quale è indirizzata forse è meglio che non esista neanche la lettera”.
Marco spalanca la bocca e rimane immobile con la mano protesa mentre Bullo butta in aria i pezzi del foglio che cadono volteggiando insieme ai fiocchi di neve.
“Ciao credulone!” gli dice avviandosi verso il bar del quartiere. Prepotente si ferma ancora un attimo, poi imita la risata di Babbo Natale: “Oh oh oh oh!” e lo segue.
Marco li guarda andarsene ancora a bocca aperta e con la mano protesa. Poi si riprende, si piega e raccoglie i quattro pezzi della lettera sui quali la neve ha iniziato a posarsi. L’inchiostro si sta sciogliendo. Marco pensa alla fatica che c’è voluta a scriverla in bella calligrafia e dai suoi occhi iniziano a scendere delle lacrime che si raffreddano all’aria della sera. Piange per la fatica che ha fatto e perché stasera non ha più il tempo per riscriverla perché lui scrive lentamente e poi a casa lo aspettano per la cena della vigilia. Ma piange anche perché Bullo e Prepotente continuavano a dirgli che Babbo Natale non esiste e lui per un momento gli ha creduto. Poi però respira forte con il naso e butta fuori l’aria dalla bocca insieme alla tristezza.
Figurati, e allora i doni chi li porta?
Marco mette i pezzi della lettera nella tasca del giaccone e nel tragitto verso casa riesce come sempre a sostituire i brutti pensieri con quelli belli: la cena della vigilia con la mamma e il papà e con i nonni e l’arrivo nella notte di Babbo Natale.
Si, perché Babbo Natale esiste e Bullo e Prepotente dicono di no solo perché non fanno i bravi e da loro Babbo Natale non ci va.
Marco è arrivato a casa, entra, si toglie scarpe e giaccone bagnati, dà un bacio alla mamma che sta preparando la cena e sale in camera sua. Toglie i pezzi della lettera dalla tasca e li mette sul termosifone perché si asciughino, poi si lava le mani e scende per la cena della vigilia.
Più tardi, dopo avere salutato i nonni e aiutato la mamma e il papà a mettere a posto la cucina, torna in camera sua, prende i pezzi della lettera che ora sono asciutti e li mette insieme come un puzzle da quattro pezzi e li attacca con lo scotch. Il risultato è migliore di quello che pensava. Qualche parola si è un po’ cancellata con la neve ma va bene lo stesso.
Scende di nuovo di sotto e in soggiorno mette la lettera sotto l’albero di Natale del soggiorno, poi torna in camera e si mette a letto. Mentre gli occhi si stanno chiudendo per il sonno pensa a Bullo e a Prepotente: per loro non ha pensieri brutti ma solo un desiderio: Vorrei tanto che anche loro possano credere a Babbo Natale.
Il giorno dopo con le prime luci del mattino Marco è già sveglio. Scende le scale piano piano, si avvicina all’albero di Natale ai piedi del quale sono appoggiati pacchi e pacchetti. Gli occhi di Marco si fanno grandi per cercare di indovinare quale sarà quello con il suo regalo.
Ma cosa sono queste voci? Marco va alla finestra e guarda fuori. Ci sono i carabinieri e l’autoscala dei pompieri vicino all’albero di Natale della piazzetta.
Strano, le luci erano già state messe e ieri sera funzionavano tutte, pensa Marco.
Poi guarda con più attenzione. I pompieri stanno togliendo due grandi fagotti dai rami dell’abete. Ma sono due fagotti che si muovono e parlano. Sembrano due persone appese per i piedi ai rami dell’abete. Quando la scala dei pompieri li deposita a terra, Marco vede che si tratta davvero di due persone: ma sono Bullo e Prepotente! pensa Marco mentre apre la finestra per guardare meglio.
Il maresciallo dei carabinieri sta parlando ai due fagotti: “voi due dovete sempre combinare qualcosa. Come ci siete finiti lassù?”. Bullo si sta guardando le punte delle scarpe e Prepotente tiene addirittura gli occhi chiusi per l’imbarazzo.
“Allora?”, li incalza il maresciallo.
“È stato Bud Spencer. Era grosso e vestito di rosso”, dice Bullo. Il maresciallo guarda il comandante dei vigili del fuoco facendogli il gesto di chi ha bevuto un po’ troppo e il pompiere gli fa segno di sì con la testa.
“Non è stato Bud Spencer. È stato Babbo Natale” dice Prepotente alzando gli occhi.
“Ma…” cerca di replicare il maresciallo.
“No, voglio che lo scriva sul verbale e io lo firmo. E anche il mio amico lo firma” dice girandosi verso Bullo che continua a guardarsi le scarpe.
Poco dopo, mentre l’autoscala dei pompieri viene portata via, il maresciallo si avvia verso la caserma con Bullo e Prepotente che lo seguono.
Ma prima di girare l’angolo i due si fermano, si girano verso la casa di Marco e lo vedono alla finestra. I loro sguardi si incontrano per un momento poi il maresciallo gli dice di sbrigarsi e i tre spariscono dietro la chiesa.
Marco chiude la finestra proprio mentre i suoi genitori stanno scendendo le scale. Corre da loro e mentre li abbraccia forte gli fa gli auguri di buon Natale. Poi cerca sotto l’albero di Natale e in un meraviglioso pacchetto rosso trova il modellino della Cinquecento che desiderava.
Marco lo stringe al petto e dice piano: “Lo sapevo che esistevi…”.

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