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Parliamo
di calcio? Dalle nostre parti non se ne parla molto. O meglio, si parla di
quello nazionale: Milan, Inter, Juve etc. Anche perché le squadre provinciali
(purtroppo) non è che ispirino grandi entusiasmi e argomenti di discussione da
bar. Non per mancanza di amor di patria pedatoria, ma proprio perché a parte
qualche rara eccezione, difficilmente ci si fa entusiasmare da quello che c’è
in ambito calcistico dalle nostre parti. Però parliamone lo stesso di calcio.
Anche perché in realtà di tifo da noi ce n’è. E anche di campanilismo. E questo
è un abbinamento che porta a rivalità accese dentro e fuori dai campi. Basta
andare la domenica pomeriggio a vedere una partita di qualsiasi serie trentina
per imparare parolacce che non si pensava esistessero. E questo succede anche
il sabato pomeriggio e la domenica mattina quando a giocare sono i bambini e i
ragazzi. E in quel caso spesso sono i genitori a sfoggiare un linguaggio da
stadio… primordiale, alla faccia della valenza educativa dello sport. Quello
che manca in questo ambito è l’obiettività: sarà anche vero che il difensore
della squadra avversaria il pallone l’ha toccato con la mano, ma è anche vero
che il tuo centravanti poco prima si è tuffato per un fallo inesistente. E
allora, dai! Vedrai che l’arbitro una volta sbaglia contro e una volta sbaglia
a favore. Non può essere sempre una crociata contro qualcuno o un complotto
contro qualcun altro. E questi poveri arbitri, che vita fanno a subire non solo
offese, ma vere e proprie minacce da parte di giocatori insofferenti e da
tifosi insopportabili? Diciamo la verità. Non è che in tutte le partite ci sono
scene di ordinaria follia calcistica. Ci sono anche dei bei pomeriggi di sport
dove sono i gol e le belle giocate a essere protagonisti, e questo è un segno
di maturità da parte di chi sta dentro e fuori il rettangolo verde. Ma
purtroppo la maggioranza delle domeniche calcistiche sia nazionali che locali è
fatta di simulazioni, sgarbi e sgambetti, falli di reazione e incapacità di
tollerare ansia e frustrazione da parte di giocatori, allenatori, dirigenti e
tifosi. Tutti in coro in un unico grido: “rigore, arbitro!”. A questo proposito
finisco con una citazione. Vi ricordate Vujadin Boskov, l’allenatore della
Sampdoria campione d’Italia 1991? A lui si deve probabilmente la più bella e
azzeccata frase calcistica che azzera in un attimo ogni polemica o discussone:
“rigore è quando arbitro fischia”.
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