mercoledì 10 agosto 2011

LA VALSUGANA A TRENTO (Racconto pubblicato sul quotidiano “Il Trentino”).

La Valsugana andò a Trento nell’estate del 2011. Di solito non era abituata a iniziative clamorose, anzi, era conosciuta come una delle valli più tranquille del Trentino. Quel giorno però, dopo avere sentito parlare per la millesima volta dei pro e dei contro della Valdastico, si alzò dopo milioni di anni e si diresse verso Trento. Mentre percorreva i pochi chilometri di strada che la separavano dal capoluogo, tutti si fermarono a guardarla perché una cosa del genere non l’aveva mai vista nessuno. Era la prima volta che una valle intera completa di montagne, strade, prati, torrenti d’acqua e case si muoveva. Quando arrivò alle gallerie qualcuno si chiese come avrebbe fatto a proseguire e poi la vide passare sia dentro che fuori di esse. A Ponte Alto c’era già una coda lunghissima di macchine ferme in direzione Pergine (a Primolano era già da un po’ che il traffico era bloccato perché dopo il confine trentino non c’era più nulla). La Valsugana scese verso il centro di Trento e molti capirono che si stava compiendo qualcosa di epocale. Nella sonnacchiosa estate di Piazza Dante c’erano solo un autobus, poche automobili e qualche pedone. I due uscieri che stavano fumando fuori del palazzo della Provincia videro la Valsugana arrivare da via Alfieri e rientrarono di corsa. Testimoni dissero di non averli mai visti muoversi così velocemente. La Valsugana entrò nel Palazzo del potere trentino e in portineria non trovò nessuno, anche se non si sarebbe fatta annunciare comunque. Salì le scale e neanche ai piani superiori c’era qualcuno a chiedere “prego, desidera?” o a dire “si accomodi, la faremo chiamare.”. La Valsugana non si fermò nemmeno negli uffici dei segretari particolari e del capo di gabinetto. Entrò direttamente nell’ufficio del presidente che, anche se era stato avvisato del suo arrivo, non sembrava molto preparato all’incontro: stava seduto sulla poltrona ed era aggrappato così forte ai braccioli che sembrava volesse romperli. La Valsugana lo avvolse in un abbraccio e il presidente chiuse gli occhi terrorizzato. Li riaprì quando si rese conto di non avere provato dolore e si trovò dentro di lei… e in quel momento vide quello che la Valsugana voleva che lui vedesse. Vide il suo passato di terra dominata e i suoi dominatori: le popolazioni retiche ed etrusche, i romani, i Franchi, i principi vescovi di Trento e i vescovi della Contea di Feltre, i conti del Tirolo, Napoleone, l’Impero austro ungarico e l’Italia dopo la Grande Guerra, i fascisti e i tedeschi durante la seconda guerra mondiale. Vide il dramma dell’emigrazione, la lotta partigiana, la storia di De Gasperi e la bomba al cobalto dell’ospedale di Borgo, la fine dell’agricoltura e le prime industrie. Vide le prime macchine sulla Strada Statale 47 diventare negli anni un flusso di traffico continuo. Vide il lago di Caldonazzo minacciato dai camion pieni di gasolio e di rifiuti speciali che gli passavano accanto sulla Statale 47 e vide le villette costruite direttamente sulla sua spiaggia. Vide l’ambiente violentato dalla discarica di Monte Zaccon, ammorbato dal bio compostaggio di Campiello e minacciato dai fumi dell’acciaieria di Borgo. Vide i politici che si erano “occupati” di lei nel corso degli anni. Quelli che l’avevano governata: la Democrazia Cristiana, la Margherita e l’Unione per il Trentino che della Valsugana avevano una visione di “maggioranza” molto distaccata e i Verdi dal colore sempre più sbiadito. Ma vide anche i politici di “opposizione” che non potendo amministrarla avrebbero dovuto presidiarla e proteggerla: i leghisti che si tramutavano in autonomisti e le altre minoranze che contavano come i due al gioco della briscola. Vide sindaci sempre d’accordo con le decisioni della giunta provinciale e molto esperti sulle modalità di erogazione dei contributi. Vide Piani Regolatori Generali usati come strumenti di consenso. Vide cittadini rassegnati a qualunque decisione presa sulla loro pelle, giovani che non si accorgevano di quello che succedeva intorno a loro, comitati di persone che difendevano la terra dove vivevano e che protestavano rallentando il traffico sulle strade. Vide turisti affezionati a quella terra scrivere lettere ai giornali per difenderla e altri che dopo tanti anni sceglievano mete diverse per le loro vacanze. Vide le polemiche degli ultimi giorni tra i favorevoli e i contrari alla Valdastico in una sterile diatriba senza fine… Prima che la Valsugana lo sciogliesse dal proprio abbraccio, il presidente vide per quella terra un futuro pieno di nubi. Rimase abbandonato sulla poltrona mentre la valle se ne andava, poi uscì nel corridoio, dove erano rimaste tracce del suo passaggio: terra, acqua, erba e foglie. Si affacciò a una delle finestre che davano su piazza Dante da dove vide la Valsugana allontanarsi lungo via Alfieri. Quando il suo segretario personale arrivò, trovò il presidente molto turbato. Voci maligne dissero che non era sconforto ma consapevolezza della perdita di consenso elettorale in Valsugana.

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