Quanti sguardi rivolti al cielo, quasi a dire «San Vigilio… varda ‘n zo…», tra gli spettatori delle Feste Vigiliane. Il perché? Perché, mai la rievocazione storica è sembrata così poco… storica. Più che alla ricostruzione di fatti risalenti a secoli fa, i trentini hanno avuto l’impressione di assistere alla rievocazione di vicende avvenute mesi fa: una realtà virtuale… anzi, una realtà “mascherada”. Ogni anno presidenti, dirigenti, assessori e direttori sembrano fare di tutto per guadagnarsi una parte tra gli imputati giudicati dal “Tribunale di penitenza” in un processo talmente incasinato, intricato e inconcludente da sembrare… vero. Spettacolo presieduto da un “Giudice unico e supremo” che sembra appena uscito da uno dei tanti speciali televisivi in onda in seconda serata. Il problema è che anno dopo anno il “Tribunale di penitenza” sta guadagnando la fiducia dei trentini e gli spettatori ormai faticano a distinguere la realtà dalla “mascherada”. Io stesso ne ho avuto la riprova assistendo allo spettacolo. Una coppia di anziani seduta alcune file davanti a me stava cercando sull’opuscolo di presentazione delle “Feste Vigiliane” il numero di telefono dell’ufficio del “Tribunale di penitenza”, convinti che fosse l’unica istituzione seria in grado di risolvere una complessa questione di confini con i vicini. Una signora seduta appena dietro era pronta a scommettere con il marito che sotto la parrucca si nascondesse il giudice Santi Licheri. Una coppia di giovani, che probabilmente non aveva capito di assistere ad una recita, ascoltava scandalizzata l’elenco degli accusati… “Eppure me pareva così ‘na brava persona… no te podi propio pù fidarte de nesun!”. Dei ragazzi, probabilmente studente delle superiori, sicuramente con qualche lacuna in educazione civica, si stavano chiedendo se dopo la sentenza del “Tribunale di penitenza” fosse possibile ricorrere in appello. Ma la scena che più commovente è stata quella del papà che spiegava al figlio come il “Giudice unico e supremo” esistesse solo in Provincia di Tento, mentre nel resto d’Italia a garantire il rispetto della legge c’è il “Gabibbo”.
Ma arriva il momento della “mascherada dei Ciusi e dei Gobj”, con trentini e feltrini a contendersi un paiolo di polenta, rievocazione della disputa avvenuta durante un periodo di carestia nel ‘500. Trentini e veneti contrapposti in una guerra tra poveri, una lotta senza esclusione di colpi per sopravvivere. 1500 anni dopo cosa è cambiato? Niente: tra trentini e veneti la contesa è la stessa, solo che il paiolo invece che polenta contiene i finanziamenti per l’autonomia.
E come ogni anno inebetiti dai botti dei fuochi d’artificio, dal traffico e dalla digestione, ma soddisfatti che il colpevole sia stato “toncato” e che il paiolo sia stato salvato, confondendo ancora una volta realtà e “mascherada”, arriva il momento di fare un bilancio dell’edizione appena terminata. L’impressione è che da 1500 anni tra i “toncadi”, i tanti “toncabili” e i pochi “intoncabili, i veri “tonchi” della situazione siano i trentini.
SRL: Scrittori a Responsabilità Limitata.
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